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Jacomelli, Mirando Jacomelli
[2007116]

€750,00

5 van 5 sterren5 van 5 sterren

Mirando Jacomelli
1929-2007

Pistoia, 1929 / Pistoia,2007

Come molti altri ragazzi pistoiesi spinti da interessi artistici, è in un primo tempo studente alla Scuola d’Arte di Pistoia, per passare poi all’Istituto d’Arte di Firenze e in seguito al Corso di Pittura Murale a Magistero. Nei primi anni di studio legge “Frontespizio”, “Formes” (alcuni anni dopo comprerà “Il Politecnico” per vedere le opere di George Grosz), è attratto dalla pittura della macchia e dipinge moltissimo. Già dal 1945 è in contatto con Umberto Mariotti, Corrado Zanzotto, Piero Bugiani e sopratutto Alfiero Cappellini, carismatica figura, attorno al quale si radunavano i giovani pittori della città.

Le prime opere in stile “macchiaiolo” sono paesaggi presso la Bure dipinte in compagnia di Alfio Del Serra anche lui aspirante artista. Nel 1948 prende parte alla Mostra d’Arte Contemporanea Interprovinciale di Montecatini Terme, ma l’evento più importante di questo anno è la visita insieme ad altri giovani artisti pistoiesi alla Biennale veneziana. L’apertura agli orizzonti più vasti della cultura moderna europea li entusiasma, sconvolge il loro fare pittorico. Il giovane Jacomelli guarda Courbet, Corot, Renoir, la pittura figurativa.

Nel 1952, dopo il servizio militare, ha inizio la sua attività di restauratore, che lo porterà due anni dopo, con l’amico pittore Aldo Frosini, ad un soggiorno nelle Marche: qui nascono le due marine marchigiane, (Marina marchigiana I e II). Ma la scoperta di un proprio linguaggio pittorico è sancito dalle processioni: “Allora si facevano tante processioni; c’era Padre Lombardi, il microfono di Dio, c’era un fiorire di Madonne Pellegrine. Tu camminavi per la strada, ed a un certo punto stop, una processione. Tu giravi e stop, un’altra processione. Processione oggi, processione domani, sai cosa, incominciai a pitturarle” (M. Tuci, Contrasto con l’artista, in Mirando Jacomelli. Storie (catalogo della mostra), tip. Artigiana, Pistoia 1997, p. 15). Con le processioni l’attività artistica di Jacomelli ha una doppia svolta: da una parte l’inizio di una pittura figurativa, dall’altra l’esplosione del colore. Dopo la metà degli anni Cinquanta, infatti l’artista pistoiese ritrae una variegata commedia umana fatta di politici, ciarlatani, sindacalisti e intellettuali fasulli, critici e artisti da strapazzo. Ironizza vizi e difetti rappresentando una società esibita in maschera, carnevalesca. Il richiamo a Ensor è forte, così come a tutta la poetica graffiante della cultura espressionista. L’uso del colore è usato in modo da evidenziare la carica deformativa del disegno, un colore stridente, che schizza fuori, sempre però legato ad una volontà di rappresentazione, seppur interiorizzata.

La stessa carica deformativa usata per la figura umana si ritrova nell’esecuzione di paesaggi. L’anno 1959 si delinea come un momento di grande felicità artistica per questo genere pittorico (Casolare con pozzo, Casa su l’Ombrone, Villon Puccini, Casolare bianco, Case rosse).

Nel 1971 illustra con dodici tavole a colori la favola di Moccichino di Mario Luigi Bianchi, e pubblicata dall’editore pistoiese Tellini. L’anno dopo ancora un altro lavoro come illustratore: la copertina della Piccola storia di Pistoia e della sua provincia, di Carlo Paiotti.

Negli anni Ottanta l’inizio delle nature morte (Natura morta con bricco, 1983; Natura morta con fondo azzurro, 1989; Natura morta con libri rossi, 1989), fiori, libri, pannocchie, soggetti trattati al di là di ogni esigenza interpretativa, senza le feroci forzature caratterizzanti le opere precedenti. Già certe sue figure degli anni Settanta si muovono in un mondo meno carnevalesco spostandosi invece in un ambito etico-storico. Il risultato è oltremodo graffiante ma più mirato a mettere in mostra le forme di una politica spettacolo, dove i protagonisti sono facilmente individuabili. Le frecce più sarcastiche sembrano ora spostarsi negli Epigrammi che compone e pubblica a rime alternate: “… quelle mummie con gli occhiali? / sono i Critici Ufficiali. / Quei tarpani accalorati? / Sono i Ricchi Acculturati. / Là nel mondo, in ogni parte / Padre Santo, quella è l’‘Arte’!” (M. Jacomelli, L’inaugurazione in Epigrammi, Pistoia, tip. Dami, 1983).

Le opere di Mirando Jacomelli si trovano in collezioni private italiane, nella collezione della Banca d’Italia (Pistoia), della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia (Pistoia), nella collezione della Confesercenti pistoiese.

Composizione con vaso di Fiori, 1992
Il tema della natura morta appare tardi nella produzione di Mirando Jacomelli, ma assume via via sempre più importanza. Il primo esempio rilevante Fiori nel bricco, è del 1968, negli anni successivi il tema sarà affrontato saltuariamente fino ad arrivare al 1988 anno in cui sembra avere il sopravvento sugli altri, da qui l’avvio di una vera e propria ricerca all’interno di questo genere.

Gli oggetti ritratti sono quasi sempre gli stessi, ma la loro rappresentazione può risultare molto diversa: realizzazioni con fondi coloratissimi e colori squillanti (Natura morta con fondo azzurro, 1989), oppure immagini rese con una pittura di toni bassi e calibrati (Bottiglia, tazza e pannocchie, 1989).“Sono nature ‘stecchite’ … inamidate con l’appretto talvolta lucente della luce del Seicento spagnolo – Zurbaran viene subito in mente – oltre che fiammingo”. (P.F. Iacuzzi, Il grido e il silenzio di una coerente “offerta” pittorica, in AA.VV., Mirando Iacomelli (catalogo della mostra), Pistoia, Edizioni Comune di Pistoia, 1989, p. 28).

In Composizione con vaso di fiori gli oggetti sono collocati su un panno bianco cui contrasta violentemente il fondo scuro. Il legame fra queste due note dissonanti è dato sia dalla composizione, sia dai forti accenti dei rossi, nei fiori e nelle mele, i quali introducono una cromia altamente risonante nel passaggio fra il chiaro e lo scuro. La composizione è complessa: un vaso con i fiori, una fruttiera, due frutti al di fuori di essa, un coltello, tutti disposti su un tavolo piano coperto da una tovaglia sgualcita, di chiara ascendenza cezanniana. In angolo un bicchiere con del vino al di fuori della tovaglia, ma riflesso sul bianco di un foglio acquerellato in grigio, appuntato sul fondo. Quasi un richiamo ad un’immagine, che con le sue sfumature tonali, si contrappone al modello più colorato che l’artista ha disposto accuratamente sul tavolo.

Gli oggetti dipinti da Jacomelli sono ridotti alla loro essenzialità, scarnificati dalla stesura piatta della materia pittorica, in particolare i fiori dove gli steli troppo grossi per quelle esili corolle, fanno pensare a testimoni duraturi destinati a evocare la vana bellezza delle florescenze. S.T.

Gli artisti pistoiesi hanno sempre amato la campagna circostante e l’Appennino, a cominciare da Michelucci che con il suo drappello di discepoli parlava di Giotto durante le scampagnate fuori città. Alfiero Cappellini subiva il fascino della natura e camminava lungo i sentieri alla ricerca di luoghi da dipingere.

Nel 1959 Jacomelli dipinge i primi “casoni”, una serie di casolari della campagna appena fuori Pistoia, ricostruiti con cromie stridenti, con azzardati equilibri dove si percepisce lo stesso stravolgimento che l’artista stava attuando nella figura.

Una natura conosciuta e amata quella rappresentata sulla tela, ma animata dalle stesse ansie e inquietudini che si annidavano fra la folla delle processioni o nei futuri “circoli politici”. Questo modo di sentire il paesaggio caratterizza anche le opere più tarde, anche se queste appaiono costruite con composizioni più serene, dai tono più densi e pacati.

Paesaggio è del 1992, in effetti tutto è risolto nel colore, steso con pennellate larghe e veloci, senza forti accensioni. è un paesaggio di campagna, una campagna che accoglie la presenza umana, le case si vedono scomposte ericomposte in una natura ritagliata dal pennello in tanti tasselli, una natura che comunque nonostante l’impatto realista della sua rappresentazione è ancora riletta alla luce di eventi interiori.S.T.

Villa d'Igno, 1994

Il soggetto è sempre desunto dalla campagna pistoiese, si tratta ancora una volta di un “casone” realizzato con la tecnica dell’incisione.

In questa prima visione del soggetto, il cipresso e la facciata della casa vista di scorcio, risultano ai lati della composizione, al centro il grigio dei segni che si intersecano e da dove sembra nascere il cipresso. Quasi una posizione di dialogo fra la casa ben definita nella sua conformazione architettonica e la natura.

Non esiste linea di contorno, nero e bianco si mescolano in fitti reticoli, ora più
intensi, ora meno, che insieme alle zone libere creano le forme e gli spazi. S.T.

Villa d'Igno, 1994
Anche questa veduta di Villa d’Igno, così come quella precedente, proviene da una donazione di Maurizio Tuci, conoscitore appassionato delle vicende artistiche di Pistoia, già amico di Alfiero Cappellini e come egli ricorda: “fu proprio lui che spinse Jacomelli ad azzardare nell’uso dei colori affinché desse sfogo alla sua vocazione espressionista” (G. Cecconi, Novecento pistoiese, i dipinti di Mirando Jacomelli, Firenze, Edizioni Pananti, 1997).

Questa seconda incisione di Villa d’Igno, è costruita con una composizione dal taglio più consueto. La casa occupa la posizione centrale, con la strada che corre davanti ad essa, avvolta dalla collina retrostante. La natura è presente di
nuovo con i cipressi, poi degli arbusti e cespugli, ma sono sagome, ombre che si proiettano sulla casa bianca graffiata nella facciata da pochi segni. Un contrasto evidente che sottintende pur nella familiarità del luogo, “una grande inquietudine, la sensazione che le paure, le angosce dell’uomo, possono annidarsi anche dentro la natura, anche dietro architetture “pulite’, come le case coloniche, che dovrebbero essere per definizione, direi, architetture amiche” (M. Tuci, “… Un colore che, più che bisbigliare, gridasse”, in AA.VV., Mirando Jacomelli, catalogo della mostra, Pistoia, Edizioni Comune di Pistoia, 1990, p. 42). S.T.
Datum toegevoegd: 15/12/2017 door: De Kunsthistoricus
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